Alpinismo
Valli di Lanzo la culla dell’alpinismo torinese
Valli di Lanzo la culla dell’alpinismo torinese
Le Valli di Lanzo sono note come la culla dell’alpinismo torinese, infatti su queste montagne gli alpinisti torinesi compirono le prime ascensioni creando l’anima del nascente Club Alpino Italiano. Fin dall’inizio dell’ottocento le valli furono luogo di villeggiatura della ricca borghesia torinese; questa aumentò con l’avvento della ferrovia giunta in Lanzo nel 1876 e poi a Ceres nel 1916.
I primi avventurieri su queste montagne furono i montanari locali in qualità di cacciatori, pastori, minatori (numerose sono infatti le miniere di ferro anche a quote elevate) e “contrabbandieri”. Il contrabbando sviluppò, a quei tempi, una piccola rete di commercio con i paesi della vicina Haute Maurienne creando tra le comunità dei rapporti di amicizia che sono sopravvissuti fino ai giorni nostri . Gli stessi montanari seppero mettere a frutto la loro esperienza proponendosi come accompagnatori ai forestieri inventandosi di fatto la figura della guida alpina e quindi una nuova fonte di reddito per il periodo estivo. Per questo motivo oggigiorno Balme è noto anche come paese delle guide alpine
Le prime ascensioni delle principali vette della Valle d’Ala (Ciamarella, Bessanese, Croce Rossa, Uia di Mondrone) furono compiute nell’estate del 1857 per motivi di lavoro dall’ingegnere Tonini, precursore dell’alpinismo moderno. Infatti Tonini era un ingegnere alle dipendenze del catasto degli stati sabaudi accompagnato da Ambrosini, suo aiutante per le operazioni di rilievo trigonometrico. Precursori dei tempi moderni, in tre giorni bivaccando in quota, i due compagni di cordata salirono la Ciamarella, il Collerin e la Bessanese fino al segnale che porta il suo nome.
Dopo questi topografi giunsero gli esploratori alpinisti inglesi Cowell (1860), Ball, Taylor e Bonney (1864) e Nichols nel 1866 ed i primi italiani Bartolomeo Gastaldi, geologo, e Paolo Ballada conte di Saint-Robert che impiegarono la figura nascente della guida alpina. Il Conte di Saint-Robert compì la seconda ascensione alla Ciamarella il 17 agosto 1867 accompagnato da G.B. Abbà, D. Aimo e dal debuttante Antonio Castagneri, noto come Toni dei Tuni. Quest’ultimo divenne presto una guida famosa e completa, forte su ghiaccio e fortissimo su roccia, al punto che veniva cercato e richiesto per ascensioni anche al di fuori delle valli di Lanzo; morì nell’agosto 1890 sul Monte Bianco, nel pieno fulgore della carriera, avendo compiuto ben 43 prime ascensioni.
A questo proposito, il famoso alpinista inglese W.A.B. Coolidge nel 1890 scriveva su “The Alpine Journal” : “…Pochi alpinisti inglesi hanno familiarità con le Valli di Lanzo, che si estendono a nord-ovest di Torino fino alla catena alpina che separa l’Italia e la Francia. Ma i pochi che le hanno visitate sono certamente rimasti colpiti dalla posizione del villaggio di Balme, in Val d’Ala, circondato da ogni parte da ripide pareti e dominato dal gigantesco muro di roccia della Bessanese (alta 11.917 piedi), che riempie tutto il fondo della valle. Abitava qui la grande guida italiana Antonio Castagneri….”.
Infine con la data del 24 dicembre 1874, quando fu compiuta la salita all’Uia di Mondrone per la cresta sud con E. Martelli e L. Vaccarone, si riconosce l’inizio dell’era dell’alpinismo invernale italiano, sino allora non praticato.
Paradossalmente con il passare degli anni le valli di Lanzo hanno subito un’involuzione turistica in quanto con l’avvento dell’automobile gli avvicinamenti si sono abbreviati rendendo accessibili montagne che fino a prima erano lontane e “scomode”. Tuttavia non tutti i mali vengono per nuocere: la natura è rimasta pressoché incontaminata, e, ad eccezione dei rifugi che sono stati ristrutturati, la montagna è ancora vergine. Queste montagne oltre alle vie normali offrono alcune delle vie che segnarono la storia dell’alpinismo. Ancora oggi richiedono perizia nell’arrampicare, in quanto le linee di salita possono essere ingannevoli (per questo sono state montate delle catene sullo Spigolo Murari alla Bessanese), e soprattutto si ricorre ancora alla tecnica classica sia per attrezzare sia per proteggere le vie (martello, chiodi e fettucce risultano più utili che “friends”, le scarpette d’arrampicata, sono utili ma non indispensabili, mentre gli scarponi sono necessari). Spit non se ne troveranno e, per rimanere nei tempi indicati dalle guide, bisognerà avere la giusta sicurezza e confidenza per procedere anche di “conserva” pena bivacchi all’addiaccio piuttosto che rientri notturni. Infine la morfologia di queste montagne fa si che non sempre la roccia sia solida e compatta richiedendo all’alpinista una certa qual “sensibilità”.
Ciò premesso troverete un ambiente di alta montagna che se frequentato al momento giusto saprà offrire scorci ed emozioni che non hanno niente da invidiare ai più noti quattromila. Anzi si presta ad essere un ottimo terreno di acclimatamento ed allenamento ad inizio stagione proprio per i quattromila in quanto le vette sono tutte comprese tra i 3300 e 3676 m della Ciamarella.
Oltre alle (vie) “normali” su nevai e ghiacciai (P.ta Maria, Monte Collerini, Albaron di Savoia, P.ta Chalanson, Piccola Ciamarella, Ciamarella) troverete altre due itinerari con passaggi aerei di roccia (Bessanese ed Uja di Mondrone).
Per chi vuole avvicinarsi al mondo del ghiaccio, solitamente tra fine maggio ed inizio giugno, sia la P.ta Chalanson sia la Piccola Ciamarella offrono due scivoli interessanti. Mentre la parete Nord della Ciamarella, una volta una delle salite classiche, oramai, a causa del prolungato e costante innalzamento delle temperature, è raramente in condizioni.
Per coloro che vogliono cimentarsi su roccia, si possono ripercorrere le vie che hanno segnato la storia su queste montagne, tra cui:
Infine vi sono due percorsi di cresta, semplici con qualche passaggio esposto, in ambiente particolarmente suggestivo che permettono una variante di salita alle vette per poi scendere dalle rispettive normali:
BIBLIOGRAFIA:
CARTOGRAFIA: