Tappa GTA Pialpetta-Balme
Grande Traversata delle Alpi
Grande Traversata delle Alpi
Quota massima raggiunta:
Colle del Trione, 2486 m
Dislivello in salita:
1560 m
Dislivello in discesa:
1200 m
Durata approssimativa:
8 h
Posto Tappa di Pialpetta:
Albergo Setugrino
C.so Roma 10
Fraz. Pialpetta
10070 Groscavallo (TO)
Tel +39 0123.81016
Posto Tappa di Balme:
Les Montagnards
Frazione Cornetti 73
10070 Balme (TO)
Tel +39 0123 233073
Coordinate GPS :
UTM 32T 360478 5017961 1410 m
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Mappa
Lungo il percorso si attraversano ambienti assai diversi, dalle foreste di faggi e larici fino ai pascoli d’alta quota. Di particolare interesse gli scorci panoramici sulle vette ghiacciate della Ciamarella, delle Levanne e del Gran Paradiso, ma anche sul massiccio, più lontano, del Monte Rosa. Tutta la zona fu in passato frequentata per lo sfruttamento minerario, di cui rimane un vago ricordo e alcune testimonianze ancora visibili. Un’attenzione particolare meritano i monoliti che si incontrano lungo il percorso, come il Bec Ceresìn, la Pera Cagni e la Peròva, sia per il loro aspetto sia per le curiose leggende che hanno suscitato nella fantasia dei montanari e che tuttora si tramandano.
Da Pialpetta (1069 m) si attraversa il torrente e si prosegue per una buona mulattiera attraverso un bosco di larici, fino a raggiungere la conca sottostante l’alpe Trione (1649 m), dove termina il bosco. Il piano è dominato a sinistra da un grande masso detto Pera Cagni, sulla quale si raccontano molte leggende.
Si narra come una città d’Italia fosse stata data in balia del demonio, affinché la sterminasse. Questi, per adempiere all’opera, si caricò sulle spalle un enorme macigno formato all’interno di oro massiccio e, partito dal monte Giove, passò volando sopra le Levanne ed il Col Girard e arrivò sul cielo della Val Grande. Si dice che un eremita vivesse allora nella stessa località dove oggi è posto il santuario di Forno. Vedendo passare il demonio, l’eremita si mise a pregare intensamente
e le sue preghiere indebolirono il demonio che, stremato dalla fatica, si lasciò sfuggire il macigno che cadde all’inizio del Piano Trione, dove oggi lo ritroviamo. Il demonio tentò di riprendere il masso, ma per quanti sforzi facesse non vi riuscì. La fantasia popolare vede nelle caratteristiche “formazioni a scodella” presenti sul masso il segno degli artigli del demonio infuriato. Un detto popolare vuole che “Il Calcante e Pietra Cagna, valgono più di Francia e Spagna”, riferendosi alle
grandi quantità d’oro in essi nascoste. Effettivamente nella zona è ancora possibile rintracciare i resti di alcune miniere, abbandonate attorno al 1600. Anche sotto Pietra Cagna è stato scavato uno stretto cunicolo che termina dopo una decina di metri.
Sul lato opposto è visibile, poco più in basso, il Bec Ceresìn, che ha dato nome all’intero vallone, detto del Trione (cioè del torrione), proprio perché dominato da questo imponente guglia di roccia, visibile anche dal fondovalle.
Questo curioso monolito (alto circa trentacinque metri e derivato dalle fratturazioni verticali della roccia gneissico-granitica) ha sempre suscitato un grande interesse per la stranezza e scabrosità della sua forma di piramide quadrangolare tronca con la base maggiore in alto. Per anni è stato ritenuto inaccessibile; solo dopo molti tentativi, il 28 ottobre 1926, un gruppo di alpinisti torinesi riuscì a raggiungere la vetta dalla parete ovest mediante il lancio di una corda. Dal lato naturalistico il “Bec Ceresìn” rappresenta un fenomeno davvero particolare: la sua sommità è coperta da una folta macchia di “Pinus uncinata”, unici esemplari della specie esistenti nelle Valli di Lanzo; vi si trovava pure un albero di ciliegio da cui il nome “Ceresin” dato al monolito. Sulla sua vetta nidificava, fino a pochi decenni fa, l’aquila reale; l’uccisione di un aquilotto da parte di un cacciatore provocò però l’abbandono del luogo di nidificazione.
Al termine del piano, la mulattiera diventa un esile e faticoso sentiero che risale il ripido pendio, toccando il Gias di Mezzo (1961 m) e quindi il Gias dei Laghi (2164 m) che sorge in mezzo ai tre piccoli specchi d’acqua, detti appunto i Laghi del Trione. Dopo una breve discesa il sentiero riprende a salire con molti tornanti, lungo un ripido valloncello che culmina con il Colle del Trione (2486 m), aperto tra la Cima Leitòsa ad ovest e la Punta del Rous ad est.
N.B. Il grandioso panorama visibile dalla Punta del Rous (2535 m) vale la pena di una breve deviazione che non richiede più di venti minuti.
La discesa sul versante della Val d’Ala inizia con un tratto assai ripido, fino alla conca del Lago Vasuera (2237 m), di solito quasi asciutto alla fine dell’estate.
Nel pianoro sottostante il lago, è ben visibile un giacimento di pirite ferrosa, sfruttato fino al
secolo XVII. L’esaurimento del legname da cui si traeva il carbone di legna necessario per la fusione del minerale causò, anche qui come altrove, la fine dell’attività mineraria e metallurgica nelle Valli di Lanzo.
Continuando per ripidi pendii erbosi ed attraversando alcuni valloni, si toccano successivamente le Alpi Vasuera di sopra e Vasuera di sotto, fino a raggiungere il Pian Prà (1783 m), ampia distesa di pascoli leggermente inclinati , al termine del quale incomincia il bosco di larici. Di qui il sentiero si segue dapprima la pista forestale sterrata per un breve tratto e poi sulla sinistra si trova il sentiero che scende in un bosco di larici (si può decidere di proseguire per la pista sterrata che raggiunge anch’essa Pian Bosco lungo un percorso leggermente più lungo ma più dolce).
A Pian Bosco (1664 m) prestare attenzione (!!) e, trovato sulla destra scendendo il masso con l’indicazione per Balme, imboccare il sentiero che dapprima per pianetti erbosi e quindi per una faggeta, porta alla borgata Molera (1478 m). Se per sbaglio si prosegue lungo la strada sterrata (6 km) si raggiunge la borgata di Mondrone, frazione di Ala di Stura!!!
UTM 32T 362219 5019535 1656 m !!!!
Le due borgate di Molera e quella sottostante di Molette conservano nel nome il ricordo delle cave di pietra da macina che venivano estratte ed esportate un po’ dappertutto nelle Valli di Lanzo. Lo stesso nome rimane in quello della famiglia Moletto, che abitò questi luoghi per innumerevoli generazioni. Molette è la prima delle frazioni che si incontrano entrando nel comune di Balme. Le case della Molera sorgono duecento metri più in altro, sul ciglio di una rupe che domina la valle. La posizione aperta e soleggiata. Grazie a un microclima particolarmente favorevole, vi prosperano essenze arboree inconsuete all’altezza di 1500 metri sul livello del mare, come l’ippocastano, il ciliegio e il noce. Da questa borgata il 24 dicembre 1874 la guida di Balme Antonio Castagneri e i due alpinisti torinesi Alessandro Martelli e Luigi Vaccarone partirono per l’Uja di Mondrone, inaugurando la stagione dell’alpinismo invernale italiano.
Di qui per la strada, ormai asfaltata, scendere fino a raggiungere la vecchia strada provinciale, che si risale per circa un chilometro e mezzo, passando per la borgata Chialambertetto
Le case di Chialambertetto sono aggrappate a una gigantesca pietraia che sembra precipitare dalla parete sud dell’Uja di Mondrone. La borgata è stretta tra due ripidi canaloni che sono percorsi, ad ogni importante caduta di neve, da grandi valanghe che tuttavia non hanno mai colpito le case né provocato vittime, come invece è capitato in tutte le altre frazioni di Balme. Non a caso la piccola cappella è dedicata alla Madonna della Neve, la cui festa viene celebrata il 5 agosto. Il piccolo insediamento, che in origine si chiamava forno di Ala e prese poi il nome dalla “casa” o “campo” di un tal Bertetto citato nel ‘300, nacque nel medioevo come fucina per la lavorazione del ferro e fu comune autonomo dal secolo XIII fino al 1844, quando fu incorporato nel comune di Balme di cui era in precedenza un’enclave.
In origine le case sorgevano più a monte, in prossimità del moderno ponte ad arco sul torrente Stura, finché una immane frana le travolse il 17 settembre 1665 e i superstiti ricostruirono la borgata più a valle, dove già dovevano sorgere alcune abitazioni. In tale occasione fu anche ampliata la cappella già esistente, il cui trave di colmo reca infatti la data 1677, e la costruzione venne orientata non più a ovest, ma a sud, verso le case di nuova costruzione. All’estremità della borgata, vicino alla vasca delle trote, si trova un antico e caratteristico forno “a tumulo”, ben diverso dagli altri forni della valle, che in genere sono protetti da un tetto di lose.
Si tratta probabilmente di una eredità dei primi abitatori, minatori e fabbri di origine valsesiana e bergamasca, che per molto tempo dovettero conservare la propria identità etnica e linguistica, come è accaduto fino a tempi recenti a Forno di Lemie, altro villaggio minerario nella vicina valle di Viù. E’ tradizione che nella frazione venissero e vengano tuttora confezionate le più belle “màiess dou bort”, le giacche di lana ricamate caratteristiche del costume di Balme.
Si raggiunge così la conca di Balme e, trascurato il ponte sulla sinistra che porta al Villaggio Albaron ed allo stabilimento delle Acque Minerali Pian della Mussa, proseguire per ancora altri 100 metri e quindi seguire le indicazioni sulla sinistra per la borgata dei Cornetti. Il posto tappa GTA “Les Montagnards”.si trova lungo la strada alla destra dopo circa 250 metri.